Prigioniero di un cliché. Ho dei ruoli che mi sono dato nel tempo. Di bravo ragazzo quando ero adolescente per ottenere fiducia e favori. Poi di persona seria, per entrare nelle simpatie delle donne, avvicinarle senza timore di essere respinto – e questo mi ha accoppiato con Gi prima e Emme poi. Adesso, dopo altre sessant’anni, quello di uomo posato, affidabile e di cultura.
Mi sta un po’ stretto questo ultimo abito, ma faccio fatica ad essere il contrario di questo. Se appena trascendo, restano tutti spaesati. Allora cerco ambienti nuovi, vergini, dove essere altro dal solito me. Esagerare con l’ironia, apparire più superficiale. Ma sono talmente disabituato che, prima di parlare, cerco le parole adatte al ruolo. Sono il primo a non voler tradire il mio personaggio
Oltre alla cerchia di amici e famigliari, dove non mi discosto dalla maschera, ho tre palcoscenici dove offrire nuovi aspetti della mia poliedrica personalità. Da alcuni anni è il gruppo di lettori ad alta voce. Che tuttavia non mi consente molti spazi di trasgressione, nonostante relazioni rilassate che mi permettono meno attenzione al linguaggio. Mi lascio pure canzonare sui miei limiti, senza sentirmi ferito nell’orgoglio. E’ proverbiale la mia disattenzione e la memoria corta sulla quale rido con le amiche lettrici. Sono il primo a sgretolare l’immagine di perfezione che non sempre mi è di aiuto. Il bello di questo gruppo è la condivisione di eventi letterari dove leggiamo per gli altri. Alcune lettrici in particolare sono persone che mi fanno stare bene
Ci sono poi due luoghi dove sono atteso settimanalmente con trepidazione e interesse. Che si tratti dei giovani disabili del centro diurno o gli anziani ospiti della casa di riposo, essi costituiscono il mio pubblico di elezione. Leggo cose scelte da me, parlo di argomenti di carattere anche personale e canto accompagnato dalla chitarra, con poca perizia ma in maniera accettabile. Insomma mi esibisco senza pudore o timore di giudizio e, per quanto resti immutata la mia reputazione, riesco a far emergere la mia parte creativa. E questo mi fa stare bene.
C’è anche un altro ambito dove raccolgo consensi. Organizzo ogni weekend escursioni per amiche e amici che si affidano alla mia esperienza. Questa mansione da leader, responsabile del loro tempo libero, è ciò di cui avevo bisogno. Avendo fama di persona affidabile non è stato difficile dimostrare le mie competenze sull’argomento e ottenere fiducia. Guidare le persone su percorsi impegnativi, ma gratificanti per chi partecipa, è una grande soddisfazione. E il gruppo cresce. Ma allora perché mi sento prigioniero di un cliché?