Diritti o Pretese?

Il diritto a difendersi. Il diritto alla propria identità. Il diritto ad una pace giusta. Sono alcuni temi sui quali voglio scrivere in questi tempi tormentati e confusi. Non da tecnico o politico, tantomeno da analista di cose militari. Ma come una persona qualunque che ha ascoltato professori, specialisti e opinionisti che riversano tutte le loro competenze su tv e giornali. Ma prima ancora di entrare nello specifico faccio un preambolo. L’opinione pubblica in senso generale si divide tra pacifisti e guerrafondai. Tra chi invoca la pace, comunque la si raggiunga, e chi sostiene la guerra che contrappone aggressori e aggrediti. Sui secondi non c’è granché da aggiungere; la loro posizione è chiara, aldilà che sia un affare solamente tra Russia e Ucraina oppure tra Stati Uniti contro Putin o mondo occidentale contro ex-unione sovietica. Guerra è, e va combattuta.

Il pacifismo mi lascia, invece, molti interrogativi. La nebulosa del pacifismo è complessa e non ha una voce univoca. Parto dal fatto che c’è un non detto che è puro opportunismo. Per non dire cinismo. La preoccupazione maggiore non è la morte di migliaia di persone , ma è rivolta più alle conseguenze se il conflitto andasse avanti. Non c’è una dichiarata e onesta presa di posizione: ovvero che questa guerra sarà devastante per l’economia. Che abbiamo bisogno dei prodotti energetici, petrolio e gas, che arrivano dalla Russia e non possiamo farceli nemici. Che l’esodo di profughi, milioni di profughi, non le poche migliaia che arrivano sui barconi, richiederà uno sforzo di accoglienza. Anche questo pagato con soldi pubblici. Che tutti, oltre alla banale indignazione, che costa poco, dovremo mettere le mani al portafoglio e questo non ci piace. Si trattasse anche solo di limitare le nostre abitudini. Mario Draghi non ha detto una banalità, affermando che dobbiamo rinunciare all’uso esagerato del condizionatore in estate o limitando il riscaldamento in inverno, se siamo contro la guerra. Questo, ha detto, per togliere l’Italia dalla sudditanza dal gas russo, che alimenta lo sforzo bellico sovietico. E’ un pacifismo che preferisce una guerra veloce, che vinca il più forte, non importa chi, ma non crei troppi problemi, Che noi ce ne abbiamo già abbastanza con la pandemia.

Un certo pacifismo chiede la fine della guerra perché destabilizza lo status quo. Mette in discussioni certezze. Chi ha investito in finanza, chi vende prodotti alla Russia, chi si aspetta i ricchi turisti oligarchi che portano soldi nel Bel Paese, chi non potrà più dislocare impianti nei paesi coinvolti, e questo non riguarda solo Russia e Ucraina, ma tutti quei paesi asiatici che non si sono allineati alle sanzioni economiche. E noi, che volevamo una estate quieta, finalmente liberi da mascherine e green pass, ci tocca sopportare un surplus di ansia e paura. Quindi meglio stare dalla parte del pacifismo di facciata, che dice basta alla guerra per interesse.

C’è anche un pacifismo dettato dalla paura dell’escalation della guerra. Che ha già in mente la terza guerra mondiale, la minaccia nucleare e pensa a dove si trovi il più vicino bunker antiatomico. Per carità, temo anche io la guerra, ma non al punto da tifare per l’armata rossa e sottostare al ricatto. Tutti contrari alla guerra, ma a questa in particolare. Sono terrorizzati dalla guerra nucleare (e chi non lo è?). Ma a chi gioverebbe? Secondo i piani di invasione per ricomporre l’unità originale della Russia, come è nella testa del presidente, non avrebbe alcun senso annientare anche quelli che stanno dalla sua parte. I fratelli russi che stavano aspettando l’arrivo dei soldati(!), diciamo almeno un quarto degli ucraini?, tanto per non sbagliare? E le conseguenze nell’uso di armi di distruzione di massa non avrebbero ricadute pesantissime anche sulla Russia? E se ci perdiamo tutti, a che pro usare queste armi atomiche. Putin non è così stupido. L’ignavia, qualche volta, si traveste un po’ da pacifismo di maniera. Quindi è più corretto togliere di mezzo la parola Pace- Mir in russo.

Non usiamo a sproposito il termine pace, che in bocca a molti stona davvero tanto. Usiamo le categorie appropriate: opportunità di questo conflitto, convenienza ad alimentare lo scontro, conseguenze a lungo termine.

La guerra è tra le attività umane. Non è un evento imprevedibile come un terremoto o una inondazione, non è causata dalla natura maligna. L’uomo ricorre alla guerra da sempre quando non vede altre alternative per ottenere i suoi legittimi o illegittimi interessi. Ne sono state fatte di più atroci e terribili negli ultimi cento anni, dalla prima guerra mondiale in poi, che in tutta la storia dell’umanità. Perché ancora stupirsene? L’umanità è cresciuta vertiginosamente, oltre sette miliardi, le nazioni si sono arricchite e pretendono di tutelare i propri interessi. Sia che si tratti di occupare territori ritenuti indispensabili alla propria sopravvivenza (Hitler/Stalin), al mantenimento della propria supremazia annientando altre etnie (Curdi, Armeni, Indo-americani, ecc) o per presunte ragioni di sicurezza nazionale (Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina). Pace è quell’intervallo tra una guerra e l’altra. Per mantenerla il più a lungo possibile occorre che tutte le parti in causa si sentano soddisfatte, o per lo meno ritengano accettabile, la situazione in cui si trovano. L’Europa è un esempio di questo equilibrio. La Norvegia non ha motivo di attaccare la Svezia o la Finlandia come non lo abbiamo noi di farlo contro la Francia o l’Austria. Le divergenze non sono mai così terribili da portare ad uno scontro armato. Sarà perché la guerra l’abbiamo patita tutti e ne conosciamo la crudeltà.

Ma a volte certe ragioni per scatenare una guerra sono davvero incomprensibili o inaccettabili. Come lo sono quelle che hanno spinto Putin ad aggredire lo Stato a lui vicino, l’Ucraina, perché un tempo era parte del grande impero sovietico e adesso non più. Nonostante si siano divisi in pace, con trattati che riconoscevano l’indipendenza e l’integrità territoriale e quindi l’indipendenza in politica estera. L’Ucraina ambisce ad entrare in UE, legittimo. L’Ucraina vorrebbe anche entrare nella Nato, forse poco opportuno ma legittimo. Non significa che queste scelte indichino l’intenzione di fare la guerra alla Russia. Chi lo pensa è un mistificatore.

Siamo alla questione dei Diritti. E’ un diritto dell’aggredito difendersi e nessuna nazione può decidere del suo destino. Ipocritamente molti hanno sperato che l’Ucraina si arrendesse immediatamente. Per interessi di bassa lega, per non disturbare l’economia, per non doversi schierare. Invocare la pace tra i due contendenti nasconde tra le righe una richiesta di resa al più forte. In questo caso all’armata ex-sovietica. Con le giustificazioni più assurde. “Anche nelle dittature si può essere felici”, ne cito una per tutte. Ci sono anche posizioni molto preconcette e poco aderenti alla storia. Come quella narrazione che in Ucraina c’è stato un colpo di stato guidato dai fascisti. Fortunatamente lo pensano davvero poche persone. L’Europa, nei suoi massimi organi, ha compattamente sostenuto le ragioni dell’aggredito. Compresa la storicamente neutrale Svizzera. L’ONU ha fatto altrettanto, condannando a maggioranza l’aggressione:141 membri su 193. Possibile che tutti questi organi abbiano preso un abbaglio? Che esistano credibili giustificazioni all’invasione? Sarà la Storia a decretare tutte le ragioni dell’uno e dell’altro, ma ai fatti attuali il sostegno all’Ucraina non può essere messo in discussione. Dato per scontato il Diritto a difendersi ed il sostegno politico internazionale, entra in gioco la questione armi si, armi no.

Putin ha ridato al suo paese una forte economia, entrata in crisi dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, grazie alle grandi risorse naturali. L’Europa è diventato il primo partner commerciale al punto da dipendere per la maggior parte dagli idrocarburi siberiani. La Russia arricchitasi, successivamente, è entrata a far parte dei consessi dei Grandi Paesi come il G8 e il G20. <Sigle con cui si indicano alcuni raggruppamenti informali di governance politica ed economica internazionale> treccani,ndr. Non è stata isolata come ai tempi della guerra fredda, anzi. Ci si fronteggiava con sospetto, ma con reciproca tolleranza. Gli scambi sono stati proficui a tutti i livelli. Tantissime fabbriche di marchi prestigiosi sono state impiantate in Russia. La cultura ha aperto innumerevoli canali di scambio.

La Russia tuttavia è orfana del grande impero su cui aveva dominato incontrastata, e ne ha sentito la nostalgia. La perdita delle nazioni che una volta ne facevano parte, ben 15 ex repubbliche sovietiche, dopo il 1992, ne hanno ridotto la potenza, l’impero. Il più grande della terra. Chi ha provato a sottrarsi all’influenza del nuovo zar ha pagato un carissimo prezzo: Georgia e Cecenia stanno a dimostrarlo. Poi è arrivata la Crimea e il Donbass. Sono territori dentro i confini dell’Ucraina, un tempo parte dell’URSS, e Putin si è sentito il diritto di riprenderli. Il concetto di Stato Sovrano non esiste nel suo vocabolario. Putin conosce quello della forza, dell’uso delle armi.

L’identità dell’Ucraina è un questione decisiva. Chi sostiene le tesi putiniane, che gli ucraini sono russi, fratelli, prende un grosso abbaglio. La lingua ucraina intanto è diversa dal russo, ben più diversa di quanto siano tra loro il serbo e il croato. Un tempo unite sotto un’unica bandiera, oggi nazioni divise ma per 50 anni jugoslave. L’uso della lingua ucraina era represso dall’impero zarista fin dal Settecento. Il governo zarista proibiva la pubblicazione di opere letterarie, educative, religiose in ucraino. Il movimento nazionale ucraino era considerato pericoloso per il potere. <Nel 1917 l’Ucraina aveva un parlamento (Rada), un organismo democratico in cui sedeva solo il 15% tra russi, ebrei e polacchi. Nel 1920 l’armata rossa assoggettò l’Ucraina, ponendo fine al nazionalismo ucraino. Nel 1991 il parlamento di Kyev dichiarò l’indipendenza, sancita da un referendum e dalle elezioni presidenziali. Nello stesso anno Ucraina, Bielorussia e Russia formarono la Comunità di Stati Indipendenti che pose di fatto fine all’URSS. Negli ultimi trentun anni l’Ucraina è stata pienamente indipendente, riconosciuta come tale proprio dalla Russia e dalla Bielorussia per prime, e poi dal mondo intero. In questo periodo la volontà di buona parte della popolazione di opporsi, prima al tentativo egemonico e poi all’aggressione militare della Russia, hanno consolidato un’identità ucraina che si articola in modo crescente nell’idea di una comunità politica più libera di quella russa.>(Marcello Flores) Putin vuole, con alibi fragilissimi come quello della denazificazione, disconoscere l’indipendenza e la stessa esistenza del popolo ucraino definendolo un’invenzione staliniana.

Diritto ad una pace giusta. Chiediamo la pace? Certo, ma non a tutti i costi. Non penso che sia una questione che vada decisa da attori fuori dai confini del conflitto. Soprattutto se a pagare il prezzo della pace sono gli altri. Deve essere un accordo che deve trovare una mediazione accettabile da entrambi, con un terzo super partes da garante, ma non si può pretendere che l’accordo si faccia con uno dei due in ginocchio con una pistola alla tempia.

Comunque finisca questa guerra, niente sarà più come prima. Ci sarà un nuovo ordine mondiale. Sarà un salto indietro nel tempo, quando c’era il Nemico: l’impero del male, come veniva definita l’Urss. Cambieranno gli equilibri a tutti i livelli, politici, economici, culturali. Pagheremo un prezzo molto alto, ancora incalcolabile, prima di tornare ad una pace apparente. L’intervallo tra questa e la prossima guerra.

Lascia un commento