Il mio tempo

Ore 8.30. La sveglia proietta sul soffitto il tempo che mi resta per aprire la libreria in città. In questa ora e mezza devo metterci un sacco di roba. Mi siedo sul bordo del letto, lo sguardo si posa sui vestiti abbandonati. Oggi cosa mi metterò? Quesito che non mi ha mai distratto per oltre 35 anni, la divisa era la risposta. Al massimo metterne una più pulita.

Vaglio cosa c’è sulla sedia e decido che indosserò cose calde perchè in libreria starò seduto e non c’è il riscaldamento. Il pile o la lana? Calzoni imbottiti o di velluto a coste? Se vado in scooter, comodo per parcheggiare, dovrò essere coperto bene dal freddo. Già. Anche il giubbotto che sto usando non va bene, ci vorrà il giaccone pesante.

Sui ripiani vicini al letto passo in rassegna il consueto disordine per decidere se lasciarlo così come lo vedo. Una decina di libri – molti iniziati; un Kindle che forse necessita di ricarica altrimenti questa sera sarà inutilizzabile; tablet con auricolari – ricordare di spostarli sull’ipod; bicchiere; fazzoletti di carta; pomata Voltaren – che tengo lì da qualche giorno. Il blocco notes – questo lo uso poco ma non posso alzarmi di notte se devo prendere un appunto immediato Per cui una penna, una matita e la stilografica. Stanno di sghimbescio sul comodino, vicine vicine alla mia agenda-diario.

I calzini da notte. Sono la cosa che mi urta di più del mio disordine mattutino. Li odio, vederli accanto ai libri. Ma se mi gelano i piedi non riesco a dormire e mi sa molta fatica alzarmi per andare a prenderli. Stanno lì a giorni interi. Allungo la mano per scostarli dai preziosi libri e non vederli più. Afferro gli auricolari e li inserisco nell’ipod. E’ la mia soluzione per addormentarmi. Una sinfonia di frequenze che copre il sibilo all’orecchio destro. Acufene mi hanno detto si chiama. Se mi ci concentro, svegliandomi nel cuore della notte, addio sonno.

Il ricordo di questo fastidiosissimo disturbo mi indispettisce. Comincio la giornata con una triste considerazione: la mia forma fisica fa cagare. Il ginocchio mi duole e lo sto curando con pomata antifiammatoria, prima di coricarmi. Devo prendere pure una bustina orosolubile di un qualcosa, quando spengo la luce, per l’acufene. Il cartoccio è da raccogliere e mi ricorda che in cucina mi aspetta la pasticca del mattino. Altro integratore prescritto dall’otorino.

Mi sollevo dopo questi lieti pensieri e sbando. Il mal di schiena mi ricorda, se lo avessi scordato, che ho le vertebre lombari distrutte da 35 anni di professione sullo scooter. Mi riprendo e mi dirigo verso il bagno senza dimenticare di prendere nel cassetto, molto in basso ahimè, la biancheria di ricambio. Che fatica alzarsi dal letto!

La seduta sul water è il secondo momento di meditazione. Mi impongo di non accendere ancora il cellulare altrimenti mi concentro su quest’ultimo e non sulla cosa più importante. Quindi la riflessione è se il tempo a mia disposizione merita una lavata veloce, giusto il bidet e il viso, oppure una doccia che comporta il doppio del tempo. Non sono veloce. Se mi devo fare la doccia mi lavo bene a fondo e non trascuro nemmeno la pulizia delle orecchie- l’acufene è una punizione perchè ho usato male i cottonfiocc? – Inoltre fare la barba con la lametta è il rito conclusivo perchè ho la pelle del viso bella umida.

Perso in queste importanti valutazioni il tempo scorre, come l’acqua dello sciacquone che non si porta via nulla. Mesta considerazione sul mio intestino che dorme e mi appesantirà tutte le prossime ore. Non posso nemmeno dire che sarà una giornata di merda perchè non l’ho vista. Quando esco dal bagno, dove ho sprecato una buona parte del tempo in gesti lenti e ponderati per ogni azione – condizionato dal dolore al ginocchio che fa capolino e dalle vertebre lombari che vanno assolutamente trattate con delicatezza – procedo alla vestizione.

Non sono ancora sicuro se mettere una felpa di pile o vestirmi a strati. Tipo: camicia, gilet, foulard. Mi garba da morire arrotolare un foulard al collo. E’ un vezzo che ho da qualche anno, complice il continuo torcicollo da raffreddamento per 35 anni di viaggi su due ruote ecc. ecc. Il pile è più leggero e sotto il giaccone da moto è l’ideale ma una bella manciata di minuti – soppesando le due opportunità – compresa la scelta dei calzini, se ne è ita.

Esco sulla terrazza per cercare posto dove stendere gli asciugamani umidi. La moglie vuole che li metta all’aria ma dove? Ha steso una lavatrice occupando tutto. Rientro. Metto gli asciugamani alle finestre litigando con le stecche delle persiane perchè trovo quelli stesi dalla figlia. L’accappatoio lo devo appendere per forza su una gruccia e agganciarlo alla tenda da sole sulla terrazza. Questo andirivieni mi spazientisce non poco. Qui inizio a darmi una mossa perchè il tempo stringe.

Di solito mentre guido lo scooter mi perdo dietro futili pensieri. Una maniera per estraniarmi dalle cose che mi occupano la mente. Come ad esempio la chiave della libreria. A metà strada, ormai sono le dieci, mi viene lo scrupolo di controllare. Non la trovo nel marsupio dove la tenevo. Profondo respiro. Okkei, non incazziamoci. Se non ho controllato prima di partire è colpa mia. E siccome io non mi incazzo con me stesso – per troppa autostima – torno a casa. Cerco un po’ dappertutto e alla fine la chiave maledetta esce fuori. Ce l’avevo nel marsupio però ho guardato male e non l’ho vista. Ora mi incazzo con me stesso.

Vaffanculo! Vado a fare colazione e la libreria resterà chiusa fino a….

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