Tutto inizia con un’insofferenza generica. Diventato argomento dei talk show ogni giorno da mesi non ne puoi più. Allora viri su temi agli antipodi: lo sport che solitamente ti annoia, il cambio dello scooter, dove mettere le luci di natale, letture che non siano di attualità. La narrativa russa dell’800, i Maigret che hai trascurato e la biografia di un musicista dimenticato. Nick Cave è adatto, liriche esistenziali e inquiete, musica che se ti afferra ti culla nella depressione serale. Sì, quell’ abbandonarsi alla rassegnazione e chiedersi dove è finito il tuo mondo. Sapere che ti tocca entrare nel tunnel e la fine non si vede, perché ogni giorno viene allungato. I bollettini sulla pandemia in salita, le disposizioni governative sempre più costringenti fino a rinchiuderti in casa. Di nuovo, come a marzo, senza soluzioni alternative che limitare i tuoi spostamenti. Uno stillicidio di restrizioni che ti limitano dentro un perimetro sempre più stretto. Nonostante me ne sia sempre infischiato delle cene con amici, degli apericena, delle passeggiate tra la gente e viva quasi in disparte da sempre. Facevo camminate solitarie, possibilmente tra le colline, che non posso più fare. Faccio shopping on line e non frequento centri commerciali. Ho smesso di lavorare quindi non ho scuse per uscire senza un valido motivo perché abito in zona rossa. Ora il mio umore è veramente nero, altro che rosso.

Sono insofferente con me stesso, non tollero i miei stupidi sbagli e mi arrabbio se le cose non mi vengono bene. La mia pazienza verso i familiari è finita. Ho acuito, tra le tante, l’insofferenza al disordine. Non posso vedere oggetti fuori posto che mi viene subito ansia.