life3

Terza parte
Ho 27 anni. Piango silenziosamente guardandomi le mani. Le dita appena incurvate dall’artrosi. Eredità materna. Come la sofferente colonna vertebrale, a ricordarmi che il patrimonio genetico ti inchioda a quella persona. Ma oggi è un’altra donna che mi reca dolore. Sono appena rientrato dal bosco, appena fuori dal paese. La legna per scaldarci ce la offre la natura. Ogni tanto mio suocero porta qualche sacchetto di carbone.
La casa è vecchia di secoli, le stanza sono tante e fredde. E tra quelle mura si alzano alte le grida. Di odio e dolore. Il mio e il suo. Due dolori che non si comprendono. Non si consolano.
Mi rimugina in continuazione di cercarmi un lavoro.
Ci ritiriamo in sole due stanze. Camera e cucina. Da una parte si fa l’amore, dall’altra la guerra. Il bimbo è meravigliosamente bello e mi droga di beatitudine. Peccato.
La sue fughe, e i ritorni a casa, diventano più frequenti. Io sono solo e mi guardo le mani callose. Scrivo. Canzoni che mi liberano un poco. Un blues semplice e accorato.
Sono a mio uso e consumo. Mi tolgono un po di quel peso opprimente che è diventato il vivere insieme.

Sono in cerca di un passaggio per cambiare la mia vita.
Però manca anche il coraggio di accettar che sia finita.
Son sul bordo di una strada non so dove porterà
Ma quello che conta è un po di libertà”

Ero in pieno esaurimento senza una via d’uscita,
Hai giocato le tue carte hai vinto tu questa partita.
E’ un linguaggio che non fa parte della mia esperienza.
Questo amore tormentato è una crisi di astinenza”

Ho bisogno di un passaggio per abbandonarti in fretta.
Ho pagato il mio pedaggio, e non cerco la vendetta.
Son rimasto senza fiato, hai fatto tu la scelta.
Quest’ambigua situazione mi ha tagliato anche la testa”

Ho bisogno di un passaggio per capir se quel che voglio
è ricominciar d’accapo. Ma faccio i conti con l’orgoglio.
Ora sono su una strada, non so dove porterà.
Ma quello che conta è di trovarti là”

Ho bisogno di un passaggio per cambiare le mie carte.
Rigiocare la partita Ma non lasciarmi più in disparte.
E’ un linguaggio che non fa parte della mia esistenza.
Questo amore disperato vuole la sopravvivenza”
Durante uno scontro mi fracassa la chitarra. Lo strumento/rifugio. Non poteva colpirmi più profondamente. Non ho mai picchiato una donna. Non ho mai picchiato un uomo. Se ho dovuto dare uno schiaffo ai miei figli, ho pianto per loro. Quindi non reagisco.
Raccolgo i pezzi e li attacco alla bell’e meglio. Per anni quel nastro adesivo sulla cassa armonica sarà un avvertimento. Inascoltato. Un matrimonio tenuto insieme incollando i cocci non può durare a lungo.
L’adesivo più tenace è la paura. Quel sentimento che ci portiamo dietro dalle caverne preistoriche. Solitudine. Buio. Silenzio. Impotenza. Sinonimi di paura. E come cavernicoli ci si stringe gli uni agli altri, costretti a sopravvivere. L’amplesso è l’incontro-scontro. Ti amo, ti odio, ti possiedo. Non posso fare a meno di te. Del tuo corpo.
Coltivato fin dall’adolescenza, alimentata con buone letture femministe, ho un autocontrollo che mi permette di resistere abbastanza per portare all’orgasmo la mia compagna. Dare piacere, vivere con intensità il sesso, prolungarne la vita. Ecco la mia rivincita. La subdola arma con la quale riscattare un umiliazione. Un potere speciale.
Il giorno che ci siamo lasciati, per mia incrollabile decisione, ha fatto appello a questo. Che, in fondo, ci univa un bel rapporto sessuale.
La mia liberazione sessuale l’ho raggiunta quando mi sono liberato di lei.
Era diventata un ossessione. Nonostante le distanze siderali, l’affetto esaurito da anni, avevo bisogno della sua presenza. Per i bisogni primari che si erano ridotti a quello.
Si rifiutava e così mi puniva. Togliendomi l’unica arma. Tutto.
Non è stata una strada facile. Sesso a parte, io avevo molta più paura di lei ad affrontare il passo. Lei tornava a casa dai suoi, con il figlioletto, attorniata da protezioni di tutti i generi.
Io non avevo nessuna famiglia alle spalle a cui rivolgermi.
E così la prima separazione è stata un fallimento. Solo e con obblighi economici pesanti, mi ero pentito di aver rotto la relazione.
Ricucire. Imperativo da mettere subito in atto. Rientrare in casa, da lei e da mio figlio, allora decenne.

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