22 Agosto
Seduto in terrazza. Alle 7 di mattina. Sto pensando, da un po’ di tempo, al mio prossimo viaggio. Svanita l’occasione del Portogallo, sono seriamente intenzionato a partire in motocicletta per una settimana. Ne è prova il fatto che, giusto ieri, ho ritirato il passaporto in questura.

La meta da raggiungere sarà l’Albania, dopo aver costeggiato l’Adriatico da nord verso sud. Slovenia, Croatia, Bosnia, Montenegro ed infine Durazzo, il porto albanese dove imbarcherò per Ancona. Un itinerario da effettuare in una settimana per totali 2500 km. Ferie permettendo.
9 Settembre
Seduto sul Palco della Musica in Carrara, rifletto sulle difficoltà del mio viaggio. Ho condotto Viola qui perchè partecipi ad un laboratorio sui burattini, un evento del programma Convivere. Mi riempio di pensieri. La fatica per la lunghezza, il più lungo mai fatto prima d’ora. Il pericolo di una caduta per le note strade sconnesse di quei luoghi. Un eventuale guasto. L’ACI non mi copre nei paesi extra UE. Mi faccio un’assicurazione ad hoc? Prenoto gli alberghi o mi affido al caso?
Sono diventato ansioso, negli anni, ma non voglio farmi condizionare. Partirò con lo stretto indispensabile ma, ogni sera a fine tappa, vorrei contare su di un posto dove alloggiare in sicurezza. Una camera con bagno, un pasto e un ricovero per la moto. Comunque domani la farò controllare dal fidato meccanico Giuseppe. Quindi deciderò se utilizzare solo le mappe stradali o il navigatore satellitare.
13 Settembre
Seduto al Campo di Atletica. Ho messo a punto alcune cose che riguardano il viaggio. Ho prenotato gli alberghi per le prime tappe, così mi sento più tranquillo. Inoltre ho aggiornato le mappe del navigatore. Anche questo per avere un supporto maggiore oltre alla cartina stradale. Voglio ottenere il massimo, da questo lungo viaggio, evitando lo stress della strada sbagliata e della ricerca di un pernottamento.
Tutta questa pianificazione però ha dei costi. Come la borsa supplementare da aggiungere alle valigie laterali, una piccola borsetta per gli attrezzi e un tagliando completo in officina.
16 Settembre
Seduto sopra il divano, nel soggiorno di mia madre. Notte. Insonne e agitata. Siamo venuti, tutti e tre i fratelli, per una visita e ripartiamo con molta preoccupazione avendo verificato le sue condizioni. Non è più in grado di reggersi sulle gambe, sempre più dimagrita per la scarsa alimentazione. Dovrebbe ricoverarsi. Vorremmo imporglielo ma ce lo impedisce la sua testardaggine. Se dovesse cadere in casa, mentre è sola, non sarebbe capace di rialzarsi. Che fare? E’ quasi incapace di camminare. L’ho accompagnata tenendola sotto le braccia. Mi auguro che al più presto, ha detto lunedì, entri in ospedale o in qualche casa di cura dove l’aiutino a riprendersi.
20 Settembre
ore 12:30
Seduto in Autogrill nei pressi di Ferrara, guardo la Guzzi attraverso le vetrate. Il mio viaggio verso l’Albania è cominciato da poche ore. Mi sento bene, e anche la moto gira giusta. Il meteo dice che nei prossimi giorni sarà bello e credo che tutto andrà sotto i migliori auspici.
ore 20
Seduto da Flora. Ristorante poco oltre il confine con la Slovenia. Dopo oltre 500 km, senza tappe interessanti, sono giunto a Kozina. Riposo in un albergo, tra le colline del Carso, che è un casinò di lusso, almeno nelle ambizioni. La cena me la sono cercata su indicazione avuta a Basovizza. Ma prima ho visitato le Foibe, monumento nazionale. Chiuso, purtroppo, il centro di documentazione. Tra le buche profonde della montagna sono stati uccisi e occultati centinaia di prigionieri politici. Una strage infinita operata dai partigiani jugoslavi nel ’45.
21 Settembre
Seduto nell’isola di Pag. Un gabbiano si dondola sotto il sole ed il cielo blu. Qui i colori sono tutti carichi. L’acqua del mare, le rocce di quest’isola brulla, le casette pastello dell’omonimo paese. Pag è assai ventoso, pietroso e pescoso. Nin, più avanti, è un piccolo borgo murato, circondato dal mare.
Zadar. La camera sarebbe anche accettabile, i servizi, invece, fanno davvero schifo. Farò una recensione negativa sul sito online. La cosa che apprezzo è l’ubicazione: l’ingresso è sulla piazza più bella del centro storico. Mi convince un ristorantino sulla viuzza laterale, cantante melodico compreso, prima della visita notturna all’ antica Zara. Se la città è così bella è merito dei veneziani che qui sono giunti nel 1200 e per 300 anni ci sono rimasti. Solo i croati non mi piacciono. Diffidenti, poco educati, poco accoglienti. Non ti sorridono mai. Eccetto Goga, l’esosa padrona di casa. Sfido, con le tariffe che chiede!

22 Settembre
ore 14
Seduto alla Konoba Rico, una modesta trattoria di Seget. Spalato dista circa 30 km. Ho scovato questo villaggio di pescatori da favola. Mi riprendo dallo scoramento, pensavo che il turismo avesse trasformato la Dalmazia, anche quella caratteristica. I turisti qui ci sono, ma l’aspetto del luogo è incontaminato. Lungo la costa ho notato eslusivamente residence nuovi e ovunque si edifica in stile moderno.
ore 16
Il canto corale mi emoziona, sempre. Come riescono a fare i quattro ragazzi di Trogir. Ho acquistato il loro cd che sarà la colonna sonora del mio album fotografico. Questo piccolo centro storico è una chicca. Prendo nota per consigliarlo a tutti quelli che vorranno venire da queste parti. Viuzze lastricate, volte e scalette in pietra di antiche case. Molto frequentato, ovvio, essendo meta conosciuta.
ore 22
La storia finalmente rende giustizia. Sono stati i Romani, sotto l’impero di Diocleziano, a fare di Spalato un sito archeologico vivente. Come se a Pompei si potesse dormire in hotel o cenare al ristorante. La vecchia Split si conserva meravigliosamente all’interno delle antiche mura del Palazzo dell’imperatore. C’è vita tra le colonne, le piazze e le rovine, ben conservate, in questo cuore pulsante della Dalmazia. Giovani affollano, nelle ore serali, le ampie piazze colonnate e gli scorci di vestigia che adornano ogni angolo. Spalato è una meta che non delude.
23 Settembre
ore 14
La cameriera bosniaca è molto gentile e ha voglia di raccontarmi, su domanda, della tragedia della guerra. Lei mussulmana, suo padre ammazzato dai croati. Mostar è tagliata in due dalla Neretva. Le due metà della città, divise dal fiume, erano unite fin dal 1557 dallo Stari Most, il “Ponte Vecchio” costruito con 456 blocchi di pietra bianca dall’architetto ottomano Hajrudin Mimar. Il fiume divide la parte cattolico-croata dalla mussulmana-bosniaca. È il mio primo contatto con la cultura islamica, anche se in Europa. Registro con il cellulare il richiamo del mezzuin che invita alla preghiera. Vedo dal ponte, frequentato da turiste velate, spiccare in lontananza i minareti delle moschee. Sui banchetti del mercato i souvenirs religiosi e quelli che ricordano il recente conflitto. Rimango stupito. Non vogliono dimenticare il lutto sofferto. Nel tourist shop, gestito da ragazze in chador come prescrive la loro fede, gira in continuo il video della CNN della distruzione del ponte. Fu abbattuto a cannonate dai croati nel 1993 e ricostruito, dopo la guerra, con l’indipendenza della Bosnia-Erzegovina.

ore 20
Stanco per la lunga tappa , 336 km, arrivo a Dubrovnik con il buio. Ho difficoltà a trovare l’hotel, poi, finalmente una camera con tutti i comfort. Il rientro da Mostar è stato ritardato da un poliziotto che prova ad estorcermi denaro per una multa fasulla per presunto eccesso di velocità. Non ho ceduto, perchè avevano torto, ma la trattativa è stata lunga. Me lo avevano detto che sono carogne. Il dopocena non giro per la città, causa lo sfinimento, e sfrutto il wifi di un coffee-bar per scaricare dalla rete. Domani esplorerò il centro storico. Devo recuperare le forze, per fortuna la prossima sarà una tappa breve.
24 Settembre
ore 13
Dubrovnik. Seduto sui gradini di una casa, fuori dal casino del centro, sulla rampa della città vecchia. Mi è difficile dare un giudizio sereno. Questo luogo è bellissimo, medievale e ricco di testimonianze. L’antica Ragusa della repubblica veneziana. Ho fatto il giro delle mura. Uno stretto camminamento intorno al borgo che affaccia a strapiombo sulle rocce e il mare. Vista da mozzare il fiato. Quando mi sono immesso nella fila indiana non sapevo che a metà, quando è impossibile tornare indietro, si paga l’accesso. Più avanti, al bar lungo le mura, si sono scordati di farmi il resto. I croati, le giovani generazioni, sono nazionalisti e furbi. Provano, senza scrupoli, a guadagnare in tutti i modi con i turisti. Il vecchio barista, in una birreria un po’ fuori mano, al contrario, mi ha fatto tenerezza. Suo nonno è nato a Bisceglie in Puglia e vorrebbe visitarla prima di morire.

ore 16
Sveti Stevan, Montenegro. Qui è tutta un’altra storia… chi ha i soldi si trova bene. Gli altri si accontentano. I paesi sono trascurati, c’è sporco nelle strade, i palazzi sono da periferia. Quell’isoletta che ammiro, seduto sul sagrato della chiesetta, in posizione panoramica, è esclusiva per chi alloggia in alberghi lussuosi.
ore 20
Bar, Montenegro. La trattoria ospita in prevalenza i locali, quindi dicono che si mangi bene. Ordino cibo e bevande montenegrine. L’alloggio è coerente con il posto, da basso prezzo. Sarà il pernottamento più economico. Interessante la conversazione con Mina. Trascorre un’oretta buona a raccontarmi del suo paese, della sua vita a Bar, dei ragazzi che frequenta, del padre disertore. Costretto al servizio militare durante il conflitto tra serbi e croati, quando il Montenegro era sotto la Jugoslavia. Questo viaggio mi è servito molto per approfondire questo argomento. Ho domandato in tutte le occasioni.
25 Settembre
ore 13
Skodar, Albania. Seduto sull’erba tra le rovine del Castello di Rozafa. Una moto può aiutare l’amicizia. Una birra insieme ad un motociclista del posto mi riempie di gioia. Il mio viaggio, adesso, ha acquisito un senso. L’incontro con gli altri. Le loro generosità, la voglia di parlarmi, di farsi conoscere. Albanesi, brava gente. Mi offrono il caffè e mi sorvegliano la moto, mentre mi allontano per fare foto. Mi accolgono con curiosità e rispetto. La bevuta è gratis, sono l’ospite del giorno. Mi fanno anche da scorta, con le loro piccole moto, per portarmi a visitare Scutari. Così era chiamata dagli italiani, presenti come alleati/invasori nel 1939.

ore 16
Una veloce quanto pericolosa superstrada, poichè si interrompe bruscamente e corro il rischio di cadere, mi conduce dritto alla capitale. Sulla larghissima carreggiata vedo di tutto. Carretti trainati da asinelli, stese di granoturco messo ad asciugare su teloni, mezzi fatiscenti carichi di masserizie. Grandiose aree di servizio da far invidia alle nostre autostrade, deserte e disabitate.
Tirana. Per le strade cittadine regna un caos che mi preoccupa. Non ho la carta verde dell’assicurazione internazionale. Se faccio un incidente mi sequestrano la moto. L’albergo ha rifiniture moderne e pregiate. La sola pecca è che si trova in un quartiere dove la gente si accampa e dorme all’aperto. La realtà è talmente stridente che provo sentimenti contrastanti. La reception mi fa parcheggiare davanti all’ingresso: un privilegio o questione di sicurezza? Noto anche molta polizia privata di fronte a diversi edifici.
ore 19:30
Pizzeria Era. Avrò chiesto l’indicazione almeno otto volte. Non riesco a rendermi conto se è la stanchezza e manco di lucidità o è il disordine della città che mi disorienta. Chiedo un piatto tipico: oshmare korce. Polenta gialla con prugne e formaggio. Poi agnello (o vitello ?) con formaggio bianco tradizionale albanese. Sono contento di questa scelta; la sala è piena di gente, molti sono forestieri.
A Tirana convivono povertà e ricchezza sulla stessa strada. Ristoranti di pregio e venditori di granoturco arrostito. Negozi di lusso e quelli per albanesi con pochi Lek in tasca. Inoltre c’è tanto inquinamento per gli scarichi del traffico, anche quello acustico. E assenza totale di pulizia.
26 Settembre
ore 15
Durazzo. Seduto dentro la pizzeria di Blerim e sua moglie Eda, esaurisco le ultime energie. Ho conosciuto questa coppia che qui ha investito i guadagni prodotti in Italia. Tolto l’Anfiteatro romano, Durres è un posto orribile, è il porto per l’Italia. Migliaia di Tir provenienti dall’est si imbarcano qui. Spesso con carichi illeciti. Passeggiando per le strade del vecchio centro sono incuriosito da molte targhe affisse ai muri. Ricordano le eroiche vittime che si erano opposte all’invasione italiana fascista.
ore 18
Seduto sulla Guzzi in attesa dell’imbarco, dopo 1785 km percorsi. Stanco e sporco. La polvere dell’Albania mi è entrata dappertutto.
ore19
Mare Adriatico. Seduto sul ponte numero 5 del traghetto Michela, per le prossime 20 ore di navigazione. Sono colmo di ricordi che vorrei trasformare in parole scritte. Primo tra tutti: è stato un viaggio fortunato. Nessun problema con la motocicletta. Anche il meteo che è stato sempre buono. E per le tante persone con le quali sono entrato in contatto.
Fortunato pure perchè avevo perduto la fotocamera e l’ho ritrovata. Avrei perso tutte le immagini dell’Adriatica Tour, così lo chiamerò. Fortunato perchè ho evitato tutte le buche incontrate lungo il percorso. Vere e proprie voragini che avrebbero potuto danneggiarmi nel fisico e nel mezzo. Non ho dimenticato in giro nessun oggetto. Ho regalato però un braccialetto di perline ad una bimba e uno di gomma della Guzzi ad un albanese. Ho abbandonato gli stivaletti in Montenegro, di proposito, per non venir meno ad una tradizione a cui sono molto affezionato. Erano comunque arrivati a fine vita.
Sono stato ben predisposto anche quando un cattivo poliziotto ha tentato di estorcermi del denaro. Tutta questa buona sorte l’ho voluta ricambiare. Durante la passeggiata notturna per Tirana, ho regalato 200 Lek ad una giovane. Non mi aveva chiesto nulla. Era addormentata sul marciapiede, distesa sopra un cartone con il bimbo accanto alle gambe. L’ho svegliata dolcemente e me ne sono andato via. Mi piangeva il cuore. Ho lasciato piccole mance ai camerieri, cosa che non faccio mai. Ho arrotondato il conto per eccesso quando era troppo generoso. Pochi euro per le mie tasche, qualcosa in più per chi li riceveva.
ore 23
Seduto a poppa, io e il barista, albanese di Durazzo con tanta voglia di chiacchierare, ci facciamo compagnia. Sono assonnato ma la cabina, che condivido con due persone, non mi attira. Troppo caldo, temo di non riuscire a dormire. “Vivo per lei” L’ho sentita prima di uscire di casa, alla partenza. Ora la ascolto nuovamente dagli altoparlanti della Michela. Un segno del destino, il mio ritorno è garantito.
27 Settembre
Ancona, al porto.
Seduto in sella alla mia Guzzi Nevada 750 affronto gli oltre 400 km della tappa finale. Partono con me le emozioni impagabili di questo viaggio. Breve ma intensissimo. Voglio dedicare l’ultimo ricordo ad uno sconosciuto ragazzo incontrato tra Tirana ed Elbasan. Era sul ciglio della polverosa strada di montagna, una baracchetta con due o tre cassette di frutta e uno sgangherato frigo per poche bibite. Un tratto di strada senza traffico, sporadico quello locale. Quante persone si sarebbero fermate?
Avevo sete, cercavo l’acqua. Non ci capivamo. Pensava volessi una lattina di coca cola. Finalmente gliela indico, aprendo il frigo. Vorrei pagare in euro perchè ho consumato tutti i Lek. Mi guarda disperato, non ha idea di quanto farmi pagare. Proviamo insieme a calcolare il cambio usando i cellulari. Un siparietto divertente perchè, tra tutti e due, non si arriva al dunque. Decido di offrirgli alcuni euro, abbondando volutamente. A questa mossa però il ragazzo mi spiazza perchè non accetta. Vorrebbe farmi il resto e allarga le braccia, non sa come fare. Mi guardo intorno e per risolvere prendo un’altra bottiglia d’acqua e una collana di fichi secchi.
Quei fichi non li ho mai mangiati. Ho tenuto la collana appesa al muro finchè non è stata da buttare. Per tanto tempo è stata la memoria di quel viaggio in solitario e pieno di incontri.
